giovedì 8 maggio 2014

Partnership al progetto 2



Qualche giorno fa ho contattato il mio secondo cliente, la dottoressa Carla Maria Carlevaris, psicoterapeuta e arteterapeuta presso l'ospedale Bambin Gesù di Roma; ha studiato al Goldsmith's College di Londra ed è membro del direttivo APIArT, Associazione Italiana Professionale Italiana Arte Terapeuti. 
La dottoressa mi ha parlato soprattutto degli ambienti interni dove si effettua l'arteterapia e delle necessità dei pazienti; gli spazi devono essere adeguati al tipo di arte che vi si svolge ed in base proprio all'attività essi cambiano sia dal punto di vista dell'ampiezza, sia dal punto di vista funzionale. 
Mi ha spiegato inoltre che devono essere presenti anche sale di consultazione individuali per l'interazione tra l'arteterapeuta e il paziente. 
La dottoressa Carlevaris è stata molto gentile e si è resa disponibile per ulteriori domande e chiarimenti durante l'intera fase di progettazione del centro.

domenica 4 maggio 2014

Partnership al progetto


Dopo una lunga serie di email inviate ad associazioni e scuole di arteterapia di Roma, ho finalmente trovato una persona molto disponibile alla collaborazione, il Dottor Alessandro Tamino, psicoterapeuta nonché arteterapeuta da diversi anni, direttore della scuola di Arti Terapie situata a piazza Bologna.
Il dottor Tamino si è presentato da subito molto interessato all'argomento e soprattutto incuriosito. 

Il primo consiglio che mi ha dato riguarda il rapporto del centro di arteterapia con il contesto; a tal proposito mi ha parlato di una comunità terapeutica di Ciampino. Essa è situata in un complesso in mezzo al verde, dotato di tutte le necessità, ma chiuso verso l'esterno. Ci deve essere invece un avvicinamento dei pazienti al contesto ed alla collettività ed un'integrazione con essi. Dopo il terremoto de L'Aquila, il dottor Tamino iniziò ad organizzare dei gruppi di arteterapia nella città suddetta, ma in mancanza di spazi adeguati decise di organizzarli in un bar di un centro commerciale; ciò ha prodotto rapporti diretti tra i pazienti e la comunità.
Il progetto quindi non deve essere isolato e chiuso con il contesto, ma deve essere uno spazio che non riguardi solo la disabilità ma che abbia anche altre funzioni, che si relazioni con l'esterno e che "sia preposto a stimolare la creatività a fini relazionali della comunità in cui è collocato".

Un ulteriore appunto va fatto all'esposizione delle opere realizzate: non deve esserci nessuna sala espositiva in quanto "l'arte è un percorso finalizzato allo stimolo della creatività, non all'oggettività dell'arte" dice il dottor Tamino. Ha aggiunto poi una nota sul colore degli ambienti, citando la psicoanalista russa Sabine Spielrein, la quale sosteneva che essi dovevano essere bianchi o color avorio, in quanto erano i pazienti a riempire la stanza di colore.

Per ciò che riguarda l'utenza essa deve essere sia di soggetti individuali sia di soggetti istituzionali come ad esempio la scuola; il dottor Tamino qualche anno fa ha organizzato una collaborazione tra i pazienti del centro di arteterapia e  gli anziani del centro anziani portandoli in numerose scuole elementari, producendo risultati molto soddisfacenti nei pazienti.

Dopo quest'interessante intervista, che è stata più una piacevole chiacchierata, il dottor Tamino mi ha risolto molti dubbi sull'argomento e lo ringrazio ancora per la collaborazione.